BREVI NOTE COMPARATIVE SU ARBITRATO E MEDIAZIONE

Introduzione
In presenza di un conflitto i metodi per risolverlo possono essere tre:

1. il metodo COERCITIVO che prevede semplicemente e direttamente il sopravvento del più forte;

2. il metodo VALUTATIVO con il quale l’individuazione del più forte non viene lasciata allo scontro diretto fra le parti ma viene delegata a un terzo capo tribù, capo villaggio, giudice o arbitro che applicando delle norme accettate dalla collettività o il suo senso di giustizia decide chi è il più forte;

3. il metodo CONCILIATIVO con il quale le parti risolvono il conflitto trovando un accordo.

Il metodo coercitivo non è accettato dalla società civile.

Il metodo valutativo è quello a cui si ricorre prevalentemente, ogni volta che si instaura una procedura giudiziaria od arbitrale.

Il metodo conciliativo è sicuramente il più evoluto, tuttavia per molto tempo è stato considerato meno efficiente del valutativo. Il progressivo aumento delle procedure di mediazione negli ultimi decenni, prima negli Stati Uniti d’America poi in Europa, dimostra tuttavia che, quando se ne capiscono i meccanismi, il metodo conciliativo può rivelarsi più efficiente del metodo valutativo perché più veloce, meno caro e più efficace.

LA FUNZIONE DELL’ARBITRO E DEL MEDIATORE

La funzione essenziale dell’arbitro è decidere. Il mediatore invece non solo non decide, ma nella mediazione facilitativa, non si esprime in alcun modo su quelle che possono essere le pretese o le difese di una parte verso l’altra.

Il compito del mediatore è ascoltare le parti per capire le cause del conflitto, esaminare con le parti gli elementi del conflitto e le possibili soluzioni, comunicare con le parti e facilitare la comunicazione tra le parti, così che si possa addivenire ad una soluzione condivisa.

In casi specifici il mediatore può consigliare le parti, nel caso le stesse lo invitino a dare il suo parere, questo “consigliare” tuttavia è sempre un modo di facilitare il raggiungimento di un accordo che nasce dalla volontà delle parti stesse, non il “suggerire” una soluzione che sembra equa.

ARBITRATO E MEDIAZIONE

Oggetto
Oggetto dell’arbitrato sono le pretese e i diritti delle parti, oggetto della mediazione sono le pretese e gli interessi delle parti.

Distinguiamo tra i due con un esempio banale: un fornitore matura un credito molto importante nei confronti di un cliente, la sua pretesa e il suo diritto sono il recupero del credito, anche per via esecutiva se necessario, ma il suo interesse può essere qualcosa di diverso. Per esempio, se il cliente attraversa un momentaneo periodo di difficoltà finanziaria e il creditore ha investito nella preparazione, ricerca, o know-how dei prodotti forniti, o ha acquistato materiali specifici per la produzione, il suo interesse non è agire per far valere i suoi diritti, aggravando la situazione finanziaria del cliente, ma trovare una soluzione che permetta, oltre al graduale recupero del credito, la continuazione dei rapporti.

Struttura delle procedure e il ruolo dei partecipanti

La diversità dell’oggetto determina le differenze che si riscontrano nel ruolo dei partecipanti e la diversa struttura delle procedure.

Nell’arbitrato i protagonisti sono gli arbitri e gli avvocati che rappresentano le parti e fanno valere le loro pretese, le parti hanno un ruolo secondario.

Nella mediazione invece le parti hanno il ruolo portante, intervengono direttamente e decidono, mentre sia il ruolo degli avvocati che il ruolo del mediatore è di guida e di assistenza.

L’Arbitrato è una procedura tesa ad assicurare che l’arbitro possa fare una giusta valutazione rispondendo alle specifiche domande delle parti, la procedura deve assicurare alle parti che vi sia certezza sulle pretese e sui diritti che si vogliono fare valere; deve garantire che ambedue le parti abbiano pari opportunità per presentare le proprie tesi, provvede per la raccolta di prove.

L’arbitro decide entro i limiti delle domande specifiche avanzate dalle parti, gli argomenti addotti dalle parti, le prove emerse nel corso del procedimento, alla luce delle norme e dei principi applicabili. L’ esito della procedura arbitrale è condizionata da queste premesse e deve seguire una strada obbligata.

In mediazione non è il terzo che valuta e decide pertanto tutti i meccanismi processuali che sono necessari lì dove si applica un metodo valutativo (l’individuazione delle domande e del rimedio richiesto, le regole del contraddittorio, la raccolta di prove, il riferimento alle norme o ai principi che devono essere applicati) non sono elementi determinanti, non ci sono limiti né agli aspetti del rapporto che vengono presi in considerazione, né alle soluzioni possibili. In mediazione si può considerare, o volutamente ignorare, qualsiasi aspetto del rapporto e valutare elementi su cui costruire rapporti futuri secondo quanto suggerito dagli interessi che emergono nel corso dell’incontro. Può sembrare sorprendente ma spesso, affrontando questioni che sembrano strettamente economiche, si trova la leva che porta all’accordo esplorando gli aspetti personali ed emotivi del rapporto, (ci sono richieste di scuse, di riconoscimenti) perché è proprio il soddisfacimento di questi aspetti che porta alla soddisfazione degli interessi delle parti e quindi ad una intesa, ad una situazione che con il gergo della mediazione si definisce WIN-WIN.

Riservatezza e volontarietà

Volontarietà e riservatezza sono principi che si applicano sia in arbitrato che in mediazione, in modo diverso.

L’arbitrato viene definito un procedimento riservato perché l’esistenza del procedimento, quanto emerge durante il procedimento e il risultato del procedimento non vengono pubblicati.

Nella mediazione, tuttavia, la riservatezza opera anche all’interno del procedimento: non viene redatto un verbale che registra quanto emerge durante l’incontro, quanto emerge durante la mediazione non può essere usato in futuri procedimenti, il mediatore può sentire le parti separatamente, quanto viene detto dalle parti al mediatore durante i colloqui privati può essere riferito solo con il consenso delle parti, mentre in arbitrato, dove i principi di trasparenza e contraddittorio devono guidare l’operato dell’arbitro, questo non è possibile.

Ambedue i procedimenti sono volontari e le parti vi accedono per scelta, espressa nella clausola compromissoria di un contratto o in uno specifico accordo che prevede che una controversia in atto sia sottoposta ad arbitrato, o mediazione, od entrambe.

Tuttavia mentre lì dove è prevista la procedura arbitrale, la controversia verrà obbligatoriamente decisa per via arbitrale e quindi se una delle parti non nomina il suo arbitro, questo viene nominato d’ufficio, se la parte non partecipa al procedimento viene emesso ugualmente il lodo; in mediazione la procedura si svolge solo se le parti partecipano e può essere interrotta in qualsiasi momento, senza alcuna conseguenza, anche se una sola delle parti non vuole proseguire.

Il risultato

Il risultato che si raggiunge con l’arbitrato differisce da quello che si raggiunge con la mediazione in tre principali aspetti: la forma, lo scopo perseguito e l’impatto sulle parti.

Il lodo che chiude il procedimento arbitrale è l’atto dell’arbitro che risponde alle domande avanzate dalle parti, scopo del lodo non è risolvere la lite fra le parti, ma identificare per ogni domanda proposta all’arbitro un vincitore e un perdente e imporre al perdente un comportamento atto a soddisfare quelli che vengono considerati i diritti del vincitore.

L’accordo che chiude la mediazione è atto delle parti che non identifica vincitori o perdenti ma esplicita le modalità con le quali si pone fine alla lite ed eventualmente si regola l’evoluzione del rapporto.

L’arbitrato identifica un vincitore e un perdente, la mediazione rende entrambe le parti vincitrici perché ciascuna, con l’accordo raggiunto, persegue e soddisfa i propri interessi.

Entrambi i risultati portano alla formazione di un titolo esecutivo.

CONCLUSIONI

Dopo questa rapida carrellata comparativa è naturale chiedere: Quando arbitrato? Quando mediazione?

Quando abbiamo incominciato ad occuparci di mediazione in Italia si è pensato alla conciliazione come strumento utile per la risoluzione delle controversie di modesto valore, dove spesso si contrapponevano parti economicamente forti a parti economicamente più deboli, la mediazione doveva offrire una opportunità di riscatto al consumatore scontento (ci sono state per esempio molte mediazioni dove da una parte c’erano compagnie telefoniche e dall’altra consumatori che si lamentavano per scarsità di servizio, addebiti sbagliati e così via).

Ma ora è chiaro che, di fatto, più alto è il valore economico della lite, più le parti, se conoscono lo strumento, sono favorevoli ad esperire un tentativo di mediazione. Basta solo pensare alla conciliazione avvenuta qualche anno fa tra FIAT e General Motors o, per fare un esempio non italiano, alla conciliazione tra Apple e Psystar.

La pratica ha inoltre dimostrato che sarebbe sbagliato ritenere a priori che la conciliazione sia inadatta per determinate categorie di controversie, si sono risolte con la mediazione controversie di ogni tipo e relative ad ogni tipo di rapporto: familiare, successorio, relativo a rapporti di agenzia, distribuzione, vendita, appalto, a rapporti tra banca e clientela, a gestioni finanziarie, a contratti di investimento e OTC.

Né si può dire che una procedura sia più importante dell’altra. Se lo scopo dell’ADR è risolvere una lite seguendo la procedura scelta dalle parti, non si può ritenere più importante una procedura che sceglie il metodo valutativo da quella che sceglie il metodo conciliativo.

Ma nemmeno si può dire che sono procedure alternative perché in realtà le parti non sono chiamate a scegliere tra le due, anzi a mio avviso nell’esplorare il modo per risolvere un conflitto mediazione ed arbitrato vanno usate entrambe in un modo che definirei progressivo.

Prima si tenterà la soluzione, che è quella ottimale se riesce, dell’accordo volontario, se non riesce le parti torneranno a confrontarsi per valutare chi è il più forte e delegheranno al terzo il compito di valutare chi è più forte secondo le regole del diritto o di equità.

Milano, 20 Marzo 2023
© Antonia Marsaglia